Ristorante La Caravella
Via Matteo Camera, 12, 84011 Amalfi SA, Italia
4.5
175 recensioni
8 Commenti
JJM2+HQ Amalfi, Provincia di Salerno, Italia
Segnalazione posizione
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Lunedì: 12–14
Martedì: Chiuso
Mercoledì: 12–14
Giovedì: 12–14
Venerdì: 12–14
Sabato: 12–14
Domenica: 12–14
Martedì: Chiuso
Mercoledì: 12–14
Giovedì: 12–14
Venerdì: 12–14
Sabato: 12–14
Domenica: 12–14
Il cibo è curato nei minimi dettagli con ingredienti di ottima qualità.
Lo consiglio vivamente.
Ci accompagna lo chef al tavolo, poi subito notiamo una discrepanza tra la scelta del menu esposto sul sito e quello cartaceo, ma nessun problema, optiamo per il 7 portate: “la degustazione d’estate”.
Il piatto di benvenuto, a mio avviso, non è da stella. In ogni caso arriva la prima portata con il crudo e la schiuma di limone, molto interessante (l’unica nel complesso).
Alla seconda portata già mi imbatto nel primo difetto, perché mentre mangio la crocchetta, in bocca trovo un’infinità di lische. Ad un ristorante una stella Michelin, con tradizione simile, con un menu di base da 100€ sicuramente non me lo aspetto. Lo faccio presente al cameriere un ragazzo alto, magro con gli occhiali, il quale, facendo quasi finta di niente, risponde: “ah, boh sono pulite a mano”.
Alchè scatta il primo campanello d’allarme.
La cena prosegue e al menu degustazione avevamo abbinato la degustazione dei vini bianchi (campani, 4 vini 60€). Fino a qui nessun problema, nostra scelta.
Fintanto che non arriva il terzo vino, un rosé, pugliese del gusto né della mia ragazza né mio. Il maître che ci serviva, nonostante avesse notato il nostro disappunto, ha fatto finta di niente. Tra l’altro non si capisce perché se il menù è da 4 vini campani (consigliatissimi dal maître perché “così si assaggiano i vini locali”), alla fine vengano versati 3 vini campani ed un pugliese. Mistero.
Bene, arriva la pezzogna ad entrambi, una delle due un poco asciutta. Poi dalla pezzogna ai dolci passa un’eternità. Tant’è che lo chef, pensando che avessimo finito, ci chiede: “volete un altro dolce!?” (Uniche parole pronunciate oltre a “fate la scarpetta, la scarpetta è d’obbligo qui”).
Arrivano i benedetti dolci e con essi l’ultima portata del vino: un moscato, bollente ed imbevibile.
Lo facciamo presente al maître di cui tanto lo chef Antonio Dipino decanta le qualità (lo abbiamo sentito in due diversi tavoli farlo), il quale, alla mia affermazione educata “il moscato è troppo caldo, infatti non l’abbiamo bevuto” risponde “può essere” e se ne va.
Un’esperienza che non vale assolutamente il prezzo. Non avevamo le pretese di un 2 o 3 stelle, ma almeno l’attenzione che deve essere riservata ad uno dei più blasonati ristoranti stellati del sud Italia (almeno sulla carta). Assolutamente Sconsigliato. E non solo per il menù che non entusiasma, ma anche per difetti tecnici (a partire dalle lische, passando per la pezzogna stracotta e l’abbinamento errato dei vini serviti caldi) e per l’atteggiamento del personale spocchioso e non disponibile a riconoscere i propri errori e a rimediare.